mercoledì 21 ottobre 2015

shadow's theaters - biblioteca comunale di San Canzian d'Isonzo - dal 24 ottobre al 28 novembre


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daniele bianchi
SHADOW'S THEATERS


Il titolo della mostra “SHADOW'S THEATERS” ci offre, almeno in parte, una delle chiavi d’accesso alle opere di Daniele Bianchi esposte. Unisce infatti due elementi non secondari dell’estetica dell’autore, fra di essi strettamente collegati: i concetti di apparenza e di rappresentazione. Per capirci qualcosa bisogna partire da ciò che vediamo: composizioni racchiuse nello spazio frontale di una sorta di tempietto votivo, che racchiude oggetti/elementi fra di loro almeno apparentemente disparati e disomogenei, ma tutti accomunati dal fatto di essere stati eliminati, abbandonati, dimenticati, rifiutati o dall’uomo o dalla natura (rametti secchi, sassi, legni, assi, chiodi, disegni, foto, oggettistica varia). Sembrerebbe quasi un catalogo da discarica, il cui valore però è dato dall’essere stato ricomposto dall’artista_compositore che pone in nuova e diversa relazione la "spazzatura" esistenziale e naturale, secondo progetti e codici tutti da scoprire. Un rebus continuo, un gioco dell’intelligenza, una sfida enigmistica. L’eterogeneità dei materiali, la loro caotica casualità, gli accostamenti quantomeno inconsueti, fanno assumere anzi devono per forza assumere un significato nuovo, perché la struttura architettonica ne impone una nuova ridefinizione. Gli elementi dei teatri(ni) di Daniele Bianchi sembrano una sorta di versione materica dei personaggi in cerca d’autore di pirandelliana memoria. Ad essi (teatri e loro componenti) si dovrebbe applicare il meccanismo freudiano di interpretazione dei sogni, come rimescolamento, mascheramento di verità altrimenti indicibili e inesprimibili. Quale sarebbe dunque questa realtà sgradevole che si maschera e si fa oniricamente viva per essere riconosciuta dalla coscienza individuale e collettiva? Piuttosto facile individuarla, perché è il leitmotiv dei teatrini: l'ordine irreale e l’assenza di significati manifesti ed univoci della vita e del mondo, questo è ciò che l’autore sembra esorcizzare con le proprie costruzioni. E anche qui Daniele Bianchi sembra citare o comunque ci richiama alla mente quel “mondo come volontà e rappresentazione” di Schopenauer che fortemente influenzò Nietzsche, lo stesso Freud e buona parte della psicoanalisi. In altri termini: le opere (dall’aspetto innocuamente surreale) di Daniele Bianchi sono a tutti effetti delle bombe intellettuali a orologeria, che, per brillare, aspettano solo che intelligenze e coscienze, libere da pregiudizi, le attivino. Si tratta comunque di esplosioni incruente e benefiche, che solo la grande arte ci offre. E Daniele Bianchi è davvero un grande.

Italo Montiglio